UN’ORA DI TROPPO 2022

Il Piremèo Talàssico –  L’ora di pace (che non c’è)
capitolo 2022

 Il Piremèo Talàssico

Appena Timèa appoggiò il piede sul pavimento della locanda, vide materializzarsi come per incanto un bel mucchio di gente, chi se ne stava seduto al bancone e chi ai tavoli, mentre i camerieri erano indaffarati a raccogliere le comande correndo avanti e indietro senza sosta.

Il mondo esterno sembrava ormai un ricordo sbiadito; era come se, dopo aver attraversato la soglia, Timèa fosse stata catapultata in una nuova dimensione che nulla aveva a che fare con l’esterno.

Nessuno sembrava curarsi della sua presenza finché, di lì a poco un cameriere la invitò a prendere posto.

– “Ecco un posto per voi signorina, prego, accomodatevi! Un attimo solo e sarò subito da voi per la comanda”.

Timèa non aveva nessuna intenzione di starsene seduta ad un tavolo. A lei importava solamente ritrovare il suo amato padre e per farlo avrebbe dovuto parlare urgentemente con l’oste Guglielmo.

– “Non mi fermerò a lungo” rispose Timèa, “Sono qui per conferire immantinente col signor Cancelli, l’oste di questa locanda”.

Udite le sue parole il cameriere palesò un ampio sorriso in volto

– “Ah, voi dovete essere la signorina Timèa!” disse il cameriere non nascondendo una certa soddisfazione. “Non ci crederete ma vi stavo aspettando” aggiunse.

Timèa rimase di stucco balbettando alcune sillabe scoordinate, tuttavia il cameriere se lo aspettava e senza indugiare oltre le prese le mani e disse: – “Il mio nome è Guglielmo Cancelli, sembro un cameriere, certo, ma sono anche l’oste di questa locanda.

– “Come sapevate del mio arrivo? Chi ve lo ha detto? Da quanto tempo mi stavate aspettando e per quale motivo…

L’oste la interruppe subito – “Signorina Timèa, seguitemi nel retro, lì potremo parlare meglio e vi assicuro che ogni vostra domanda sarà ampiamente soddisfatta!”.

Timèa rimase con gli occhi sgranati, era indecisa sul da farsi, ma non aveva altra scelta; se voleva saperne di più sulla faccenda avrebbe dovuto seguire l’oste e così fece.

L’oste Cancelli la condusse in un’ampia stanza al centro della quale, una decina di persone erano riunite in un’accesa discussione. Guglielmo Cancelli simulò un colpo di tosse e nella stanza calò un fitto e referenziale silenzio.

– “Signori, sono lieto di presentarvi la signorina Timèa, figlia del Signore del Tempo che è il motivo per cui ci troviamo qui riuniti quest’oggi” disse l’oste rompendo l’imbarazzante silenzio.

Si levò un brusìo meravigliato e compiacente allo stesso tempo, Timèa non capiva cosa stesse accadendo e prima ancora che potesse proferir parola, l’oste proseguì: – “La signorina qui presente è comprensibilmente disorientata, pertanto pregherei lorsignori di presentarsi ad ella, dopodiché passeremo a discutere nel dettaglio il motivo che ci ha spinti a riunirci in questo luogo oggi”.

Alzandosi in piedi a turno e procedendo in senso orario, ciascuno si presentò a Timèa rivelandole nome, cognome e società di appartenenza. Cominciò il signor Marzio Montedolce, mecenate delle

poste e membro della fazione dei “Roccarotta”, poi il conte Pepe dei Patroni seguito dal signor Clodovico dei Beffardi, il primo presidente ed il secondo segretario della “Lustrastro Society”. Si alzò dunque il dottor Marino Rilievi, affarista e membro del “Sassofono d’oro”, il professor Urbano Giovi, membro del “Triangolo” e il signor Robin Green, membro della “Fava Society”. A seguire si presentò il signor Feo Vinsalato, membro dello “Stucco”, la signora Gorana Cucumis, membro degli “Ermaniti”, il signor Leon Musgo, membro della “Pelta Scarlatta” e per finire la signora Stella Croce, membro delle “Fiere Alate”.

Timèa ormai era stufa di ascoltare l’anagrafica di quegli sconosciuti, infinite domande intasavano la sua mente, ciò che voleva erano risposte, niente altro.

Finite le presentazioni l’oste invitò Timèa a sedersi al tavolo, quindi prese posto anche lui e iniziò a spiegare le ragioni di quella riunione.

– “Signorina Timèa, a nome di tutta l’assemblea qui riunita, andrò ad illustrarvi il quadro inerente le decisioni che la presente commissione ha deliberato riguardo vostro padre…

– “Mio padre?” interruppe bruscamente Timèa “Che autorità avete voi per decidere della vita del Signore del Tempo?

Gli astanti si scambiarono rapide occhiate rimanendo in silenzio mentre l’oste Cancelli ribatté con un sospiro: “Signorina Timèa, sarò schietto con voi, il Signore del Tempo, vostro padre, sta correndo un grave pericolo che potrà minare la sua sopravvivenza a causa dei membri di una fazione nemica. Loro sono spietati ed hanno rapito vostro padre al fine di impadronirsi del suo potere”.

Timèa rimase impietrita da quelle pesanti parole pronunciate con una naturalezza priva di emotività, avrebbe voluto scapparsene via all’istante perché non si fidava in cuor suo di quelle persone e aveva ragione, infatti tutte le società rappresentate da quegli individui avevano avuto un ruolo primario nella creazione del Cavaliere dell’Oblio, ma lei non lo sapeva, conosceva solo il motivo per cui si trovava lì, impedire a Guglielmo Cancelli di portare a termine ciò che aveva cominciato.

Non conosceva bene i dettagli, ma la sua incorruttibile anima di fanciulla lo sapeva eccome e Timèa l’aveva sempre ascoltata nei momenti di difficoltà, quindi si fece coraggio e stette al gioco.

– “Ma è terribile!” apostrofò Timèa “e di quale malvagia fazione stiamo parlando?

Nemmeno il tempo di finire la frase che tutti, quasi in coro, risposero imbestialiti: – “Quelle carogne del Fulvorso!”.

– “Ed io cosa potrei fare per il mio babbo che voi non siete in grado di fare?” chiese Timèa direttamente al signor Cancelli.

– “Beh, signorina Timèa…” rispose l’oste sfregandosi le mani “…voi avete una cosa che noi non abbiamo!

– “E sarebbe?” domandò incuriosita

– “Ma è la vostra Anima signorina Timèa” rispose con un sorriso l’oste e mentre tutti gli altri si protesero in avanti verso Timèa per gustarsi meglio la sua reazione, Guglielmo Cancelli aggiunse:

-” La vostra anima sarebbe in grado di annichilire all’istante qualsiasi cosa se voi sapeste come usarla… Noi possiamo insegnarvi a farlo, ma abbiamo bisogno della vostra gentile collaborazione”.

Timèa era confusa, spaventata e curiosa allo stesso tempo, sapeva che distruggere cose ed esseri viventi non era certo una buona virtù, ma quelle persone evidentemente possedevano uno strano potere sedativo, ipnotico e persuasivo che la spingevano quasi ad accettare qualsiasi cosa per amore del suo adorato padre.

– “Va bene, se è proprio necessario annientare quelli del Fulvorso insegnatemi pure, sono pronta!” biascicò Timèa con voce tremolante.

– “Benissimo!” urlò Guglielmo con estrema soddisfazione, poi guardò tutti i presenti uno ad uno e disse: “Continuate a fissarla! Vado a prendere il Piremèo Talàssico!

La giovine fanciulla era ormai spacciata, i membri della commissione l’avevano soggiogata con il loro devastante potere ipnotico.

Appena giunse Cancelli con il Piremèo in mano, ciascun membro della commissione poggiò un oggetto sul tavolo accertandosi che venisse visto da Timèa. Ciascun membro possedeva un oggetto diverso: Marzio Montedolce posò un cubo, seguito dal Conte Pepe che appoggiò invece un martello. Il signor Clodovico estrasse una boccetta, il dottor Rilievi una monetina, il professore una penna, il signor Green un’ago, il signor Feo un soldatino, la signora Gorana appoggiò una trottola e Leon un’automobilina rossa. Infine la signora Stella si mise alle spalle di Timèa reggendo in alto a braccia tese uno specchio ovale.

Difronte allo specchio, Guglielmo Cancelli osservava ben saldo nelle sue mani, il Piremèo Talàssico, il cranio di un autentico giovane drago femmina appena nato. L’oste lo indossò come fosse un casco e mentre si avvicinava lentamente a Timèa, faceva in modo che i suoi occhi, che vedevano attraverso quelli del drago, guardassero attraverso lo specchio ovale della signora Stella, affinché potessero scrutare fin nel profondo l’essenza di Timèa.

In quel preciso istante l’anima di Timèa ebbe un vibrante fremito che la costringeva lentamente a separarsi da lei. Timèa, seppur incosciente, cominciava a capire quanto le stesse accadendo e adesso, grazie allo stato alterato della propria coscienza, poteva interagire meglio con la sua anima, poteva persino parlarle.

Cosa posso fare anima bella affinché non ti portino via da me?” chiese mentalmente Timèa alla sua anima. “Usa la tua volontà Timèa, non lasciare che loro ci prendino!” rispose affranta l’anima con un filo di voce. “Tuo padre è al sicuro con quelli del Fulvorso… pensa a lui Timèa!”.

Nel mentre il Piremèo Talàssico era al culmine del suo potere, dagli occhi emanava una luce azzurrognola che andava a colpire lo specchio alle spalle di Timèa. I nove oggetti sul tavolo erano animati dal riflesso di quella luce spettrale emanando del vapore che veniva aspirato da ciascun membro della commissione. L’anima di Timèa veniva risucchiata lentamente da quelle cattive persone che adesso stavano acquistando sempre più potere.

Timèa non provava nessun dolore fisico, ma ogni secondo che passava sentiva aumentare dentro di sé un profondo vuoto struggente. “Babbo carissimo…” pensò Timèa al limite delle sue forze “… forse il mio destino è quello di non poterti mai riabbracciare, ma la tua sopravvivenza è molto più importante della mia. Ecco babbo, io muoio per te!”.

L’anima, vedendo Timèa disposta a sacrificare la propria vita per il padre, lanciò un urlo talmente acuto che lo specchio, gli oggetti sul tavolo ed il Piremèo Talàssico andarono in frantumi. Sopraffatti da un’energia così potente, i nove membri della commissione svennero accasciandosi sul tavolo, mentre l’oste Guglielmo e la signora Stella se la diedero a gambe terrorizzati.

Un leggero fuoco cominciò a divampare da ogni corpo svenuto sul tavolo e successivamente l’intera stanza ne fu travolta. Rimaneva solo Timèa ormai in fin di vita riversa al suolo. L’anima si chinò su di lei e con mani invisibili le sfiorò il cuore immobile; un ultimo urlo ed entrò in lei.

Un tonfo sradicò la porta della stanza in fiamme, erano Pancho l’Etrusco ed Ivan Alvisio Sfregato, due membri del Fulvorso guidati dal Maggiore Bastone. Presero in fretta Timèa e la portarono via di lì.

Quando Timèa aprì gli occhi si ritrovò nel lettino di una cameretta senza mobili. Era ancora troppo debole per potersi alzare, ma era felice di sentirsi piena della sua anima e lo era ancor di più sapendo che suo padre, il Signore del Tempo, era ancora vivo da qualche parte. Pensando intensamente a lui, la prima cosa che vide fu un grande orologio appeso alla parete. Erano le due!

Grafica 
Andrea Oberosler

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