UN’ORA DI TROPPO 2019

“L’Anficèlia del tempo”

L’evento si è svolto come consuetudine nell’arco temporale dalle 2 alle 3 di domenica mattina per celebrare il cambio dell’ora. Quest’anno si è rafforzato portando contemporaneamente presso Artesan Birrante di Mori e H/akka/ di Trento la cultura dell’arte in gran parte delle sue forme. Tutto questo perché l’arte si esprime anche con poco, ovunque e contemporaneamente. Chi ha partecipato ha assistito a poesie, danza, musica, show cooking, proiezioni, letture; Tutto con il tema del Tempo. Quasi tutti gli artisti si sono esibiti per un minimo di dieci minuti in un’atmosfera unica, che ha portato l’ospite a trascorrere l’ora in modo estraneo dalla solita monotonia del girare solo le lancette. L’idea de I Plebei in collaborazione con il direttivo Un’ora di troppo ha l’intenzione di espandersi in altri luoghi finché ci sarà possibilità. Inoltre, oltre ad esser stata letta la storia fantastica intitolata “Un’ora di troppo” durante l’evento, siamo felici di farvi sapere che ogni edizione continuerà con un nuovo capitolo della storia.

 

L’Anficèlia del tempo
Erano passati giorni, forse mesi… ed ogni volta che Timèa era ad un passo dall’abbracciare suo padre, si ritrovava sempre a regolare ciascun orologio del gigante alle 2 precise. E appena finito di regolare l’ultimo, a poca distanza, udiva sempre il solito nitrito seguito da un urlo terrificante. Benché Timèa non ne fosse del tutto cosciente, sembrava essere vittima di un loop temporale che la condannava a rivivere continuamente la stessa scena.

Poi, finalmente, dopo un anno esatto, accadde qualcosa: Un barlume di consapevolezza pervase la mente di Timèa, la quale si rese subito conto dell’anomalia che stava vivendo.

-“Ma questa scena l’ho già vissuta!” Disse ad alta voce mentre era sulle spalle del gigante, “Non ci posso credere, eppure…sì, questo è un déjà-vu, non c’è dubbio!”

Adesso, per la prima volta, poteva rendersi conto che i colori dei fiori, del prato e degli alberi, erano stranamente più sbiaditi del normale, tuttavia non se n’era mai accorta prima. Poi, con sua grande sorpresa, tutto attorno a lei si fermò improvvisamente: il vento, gli animali, gli insetti, persino il gigante era perfettamente immobile e gli uccelli nel cielo erano rimasti congelati nell’aria rimanendo incredibilmente sospesi nel vuoto.

Timèa scese dal gigante e cominciò a guardarsi attorno impaurita e allo stesso tempo incuriosita dalla situazione a dir poco bizzarra che stava sperimentando. Nel frattempo, s’udì una voce in lontananza; una voce imprecante, dapprima flebile per poi crescere d’intensità fino a diventare fastidiosa: -“Dannata Anficèlia! Dovevi romperti proprio adesso?”

-“Chi è là?” intimò sorpresa Timèa. Un fruscio improvviso attirò il suo sguardo in direzione di un albero poco distante, ma a parte la surreale immobilità dell’ambiente, non si vedeva nulla di strano. Timèa decise allora di avvicinarsi all’albero e lo fece con circospezione, perché temeva che qualcosa di pericoloso potesse improvvisamente sbucare da qualche parte. Un passo dopo l’altro raggiunse l’albero e si mise a cercare con lo sguardo qualcosa, un’anomalia, un indizio che giustificasse il fruscio udito poco prima.

-“E quello cos’è?” disse ad alta voce Timèa dopo aver visto tra l’erba uno strano oggetto. “Ma guarda, sembra una clessidra!” continuò incuriosita mentre stava chinandosi per raccogliere lo strano oggetto.

-“Non è una clessidra, stupido umano idiota!” ribatté una vocina squillante che sembrava provenire dall’albero.

-“Chi è là!” ripeté nuovamente Timèa ormai terrorizzata. Così, rimanendo immobile, tese un po’ l’orecchio, ma niente, nessuna risposta. Allora si fece coraggio e come una madre che sgrida il proprio figliolo, strinse i pugni e urlò con tutte le sue forze: “Chiunque tu sia esci e fatti vedere vigliacco!”

-“Sono un “Acronico”, stupido umano, il mio nome è Rolando” rispose scocciata la vocina. Timèa però non vedeva nessuno davanti a sé, quindi con tono stupìto rispose: “Ma dove sei, io non ti vedo!”

-“Ma se sono davanti a te! È un pezzo che sono davanti a te, stupido umano!” puntualizzò la vocina. Timèa rimase sbalordita per un momento poiché per quanto si sforzasse di guardare, non vedeva proprio nessuno davanti a sé, ma improvvisamente, dalla corteccia dell’albero che aveva difronte, sembrò staccarsi un foglio che andò a posarsi dolcemente a terra in posizione verticale, rimanendo ritto difronte a Timèa.

 

L’Acronico Rolando era dunque un foglio? Beh, sì. Per noi “stupidi umani” l’Acronico Rolando è proprio un foglio; un foglio intelligente e dotato di personalità, di altezza e di larghezza. Certo, ad un foglio manca la profondità, ma chi l’ha detto che un essere privo di profondità non possa avere anche vita? L’Acronico Rolando era un’entità bi-dimensionale, tutto qui, e non era certo “stupido” come noi umani. Lui era un semplice osservatore, nascosto tra le frange del tempo, che si era divertito ad osservare Timèa da 12 mesi ormai, giocando con quella specie di clessidra chiamata Anficèlia.

Dopo battibecchi, insulti e lamentele, Timèa e Rolando trovarono finalmente il modo di continuare la loro conversazione con toni civili e moderati. Timèa apprese così che il loop temporale creato da Rolando, si era interrotto bruscamente dopo che l’Anficèlia gli cadde a terra rompendosi. Adesso era meglio per entrambi trovare una soluzione a quel problema, perché allo stesso modo in cui Timèa voleva riabbracciare il suo babbo, così anche l’Acronico voleva tornare tra i suoi simili bi-dimensionali.

-“Vedi Timèa”, disse Rolando, “Quando ruotavo l’Anficèlia a sinistra il tempo procedeva a ritroso, mentre ruotandola a destra tornava a scorrere normalmente. Adesso invece non va né a destra né a sinistra!” Rolando era veramente afflitto, anche perché cominciava a rendersi conto del danno che aveva provocato suo malgrado.

-“Posso vedere l’Anficèlia?” chiese Timèa a Rolando

-“Sì, prendila pure, ma fa’ attenzione, magari si può riparare” rispose Rolando lasciando trapelare dalla sua voce un po’ di rassegnazione. L’Anficèlia sembrava proprio una clessidra, ma era diversa, in verità erano due clessidre comunicanti che andavano a formarne una sola. Timèa provò a farla ruotare prima a destra e poi a sinistra, ma quando lo faceva, la piccola clessidra centrale a volte rimaneva verticale e altre volte ruotava in senso opposto. Capì subito che quel comportamento anomalo avrebbe impedito alla sabbia nella grande ampolla superiore di raggiungere quella inferiore, visto che la clessidra centrale più piccola non risultava mai allineata da permetterne il passaggio.

Finalmente Timèa ebbe l’intuizione giusta e disse: “Rolando, tu hai detto che gli Acronici sono entità bi-dimensionali, giusto?”

-“Sì, come lo sono io, certo!” rispose prontamente Rolando.

-“Bene, dunque scommetto che non hai pensato di ruotare l’Anficèlia in avanti o indietro, non è vero?”. Rolando rimase in silenzio sbigottito, poi disse: “Avanti?… Indietro?… Cosa vuol dire?”

-“Come temevo” rispose Timèa sollevata. Lei aveva capito che, un’entità bi-dimensionale poteva conoscere e comprendere solo l’esistenza di quattro direzioni: Destra, sinistra, su e giu; quindi Rolando non poteva sapere che ne esistevano almeno anche altre due: Avanti e dietro. L’Anficèlia in realtà non si era affatto rotta, era solo inceppata e l’unico modo per disincagliarla era proprio quello di ruotarla in avanti o indietro, ma non poteva certo spiegarlo a Rolando perché non lo avrebbe capito. Decise quindi di farlo da sola, anche se non sarebbe stata in grado di prevedere i possibili effetti che quell’azione avrebbe avuto sul tempo. Per Timèa era troppo importante riabbracciare il padre, perciò qualsiasi cosa fosse successa, non sarebbe mai stata peggio di come si presentava in quel momento. Fece un respiro profondo, prese coraggio e con tutta la forza che aveva ruotò l’Anficèlia in avanti.

-“E tu adesso da dove spunti fuori?” chiese Timèa ad uno strano esserino apparso dal nulla.

-“Ma sono sempre stato qui, sono Rolando, ricordi stupido umano? Benvenuto nella mia dimensione”.

Poco prima Rolando era un foglio di carta, adesso invece aveva una forma, un viso: Faccia tonda, occhi e palpebre verticali, braccia dietro la schiena, ventre ampio e piedi simili a quelli dei Puffi. Evidentemente l’Anficèlia aveva trasportato Timèa in una realtà bi-dimensionale, quindi anche la sua percezione era cambiata, pur mantenendo una tridimensionalità che però non percepiva più.

-“Bene” continuò Rolando “Ora pare che l’Anficèlia sia tornata a unzionare, ma non metterò più piede nel tuo stupido mondo.” Timèa però doveva tornarci se voleva incontrare suo padre.

-“Sei un insensibile egoista Rolando! Come faccio io adesso a tornare nella mia dimensione? Devo assolutamente riabbracciare mio padre, quindi tu hai fatto il casino e tu lo rimetti a posto!”

Rolando in verità non era un egoista, per lui non esistevano le sfumature, nella sua visione bi-dimensionale le cose o erano bianche o erano nere, punto.

-“Credo che basti eseguire al contrario il movimento che hai impresso all’Anficèlia poco fa” aggiunse Rolando, “Però questa volta lo dovrò fare io, basta che mi insegni il movimento”.

Per Timèa era facilissimo ruotare l’Anficèlia indietro, ma se l’avesse fatto, avrebbe dovuto portarla con sé, pertanto era necessario che lo facesse Rolando, ma quel procedimento appariva molto complicato per lui, quindi Timèa lo guidò nei movimenti con le proprie mani e, dopo vari tentativi utilizzando un ramo secco, Rolando finalmente roteò l’Anficèlia all’indietro cadendo al suolo sopraffatto da tanta incomprensibile fatica. Timèa fece immediato ritorno nella sua dimensione ritrovandosi però in un luogo che non conosceva, un luogo indescrivibile, mai visto prima, mentre una voce in lontananza urlava parole incomprensibili: “AÈMIT OREDNERP IT!!!”… Ma questa è un’altra storia.

Il fatto di non essere riuscita ad incontrare il suo adorato papà rattristò moltissimo Timèa, i suoi occhi si riempirono di lacrime mentre scrutavano in lontananza nella speranza di scorgere il Signore del Tempo deciso a riprenderla con sé. Cominciava ad essere freddo e infilandosi le mani in tasca, Timèa sentì la presenza di un oggetto e lo estrasse con cautela.

-“Un orologio a cipolla!” pensò Timèa “Che strano…non ricordavo di averlo in tasca”. Allora lo aprì delicatamente e lesse l’ora: Erano le due!